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ANTONIO DECINA

"Sfuggito all'inquisizione del periodo post-unitario, Antonio Decina diventa sindaco di San Pietro Infine"

di: MAURIZIO ZAMBARDI pubblicato sul settimanale "L'Inchiesta" del 11 e 18 Aprile 1999

da: www.sanpietroinfine.com

 

Molti fatti e avvenimenti accaddero in Italia negli anni immediatamente successivi all'unificazione. L'Unità Nazionale era di fatto solo politica e geografica poiché non aveva annientato quegli opposti schieramenti che esistevano già in epoca borbonica. Il risultato ottenuto era solo quello di un capovolgimento delle parti contrapposte. Molti individui, spesso, mascherandosi dietro motivazioni ideologiche e politiche, cercarono di vendicarsi di quanto essi o le loro famiglie avevano subito in precedenza. Dietro l'apparente ordine imperava il disordine, famiglie intere e uomini rispettabilissimi caddero nel mirino di una "nuova Inquisizione". Gli antichi dissapori, le lotte, i contrasti privati, vennero trasportati sul piano pubblico, favoriti da leggi, che pur di sedare le rivolte contro il nuovo Regno concessero troppi poteri alle Autorità locali. Il solo sospetto di idee filoborboniche, basato a volte su semplici indizi o dicerie di piazza, giustificava la carcerazione o il domicilio coatto, dando così libero sfogo a vendette private. Si accusavano e denunciavano ingiustamente anche cittadini di specchiata moralità e palese correttezza. E molto spesso le punizioni erano ingiuste o esagerate in rapporto all'entità del reato.

Così accadde anche al Notaio di San Pietro Infine Antonio Decina, che fu arrestato e costretto a subire ingiustamente un'inchiesta che mirava ad accertare una supposta collusione con il brigantaggio post-unitario. Riconosciuto pienamente innocente, venne poi eletto Sindaco di San Pietro Infine. Ma l'ingiustizia subita gli lasciò dentro un'amarezza che lo accompagnò fino alla fine dei suoi giorni. Vediamo adesso un pò più da vicino chi era Antonio Decina. Un uomo che si prodigò per tutta la vita, in maniera encomiabile, per la collettività e che perciò va riscoperto e rivalutato. Nacque a San Vittore del Lazio nel 1818, da Leonardo e da Maria Giuseppa Saroli. In tenerissima età rimase orfano di entrambi i genitori. Grazie, però, all'affetto di una sua zia poté compiere gli studi a Napoli, allora capitale dell'allora Regno Borbonico. Si dimostrò molto intelligente e volenteroso di apprendere, e questo gli consentì di laurearsi in brevissimo tempo in legge. Si trasferì poi a Santa Maria Capua Vetere per avviarsi alla professione di avvocato presso il Tribunale della città. Ben presto, però, si rese conto di non essere portato per quella attività, in quanto il suo schietto e intemerato carattere non gli consentiva di assoggettarsi a compromessi che la professione a volte richiedeva. Decise quindi di dedicarsi all'attività di Notaio, ben più consona alla sua personalità. Nel 1843 fissò allora la sua dimora e il suo studio nel paese di San Pietro Infine, paese limitrofo al suo luogo natio (entrambi appartenenti alla Provincia di Terra di Lavoro) e qui rimase per tutto il resto della sua vita. Qui conobbe e sposò Vincenzina, figlia del Procuratore Generale Gioacchino Villani, che viveva nella vicina città di Venafro, insieme con le proprie figlie Marianna, Laura e la stessa Vincenzina. Dal loro matrimonio nacquero quattro figlie: Francesca, Giuseppa, Marietta e Pasqualina. Di loro sappiamo che: Francesca sposò il dott. Pirraglia di Gallo di Capriati a Volturno; Giuseppa sposò il Notaio Ciccullo di Venafro; Marietta sposò il sig. Alessandro Falese di Rocca d'Evandro, e Pasqualina sposò il prof. Antonio Albanese di Mignano. Antonio Decina partecipò attivamente alla vita sociale e religiosa del paese, divenne socio autorevole delle Congreghe dei Luoghi Pii, arrivando ad assumerne persino la reggenza. Nel 1862, insieme al Clero e ad altri soci, si oppose alla "proposta Municipale" di riforma dell'amministrazione dei Pii Luoghi esistenti in San Pietro Infine, fatta dal Sindaco Ercole Raimondi. Questa sua opposizione non gli fu mai perdonata dal Raimondi che, in seguito, memore delle sue traversie subite in epoca pre-unitaria a causa di altri compaesani, senza mezzi termini lo denunciò e lo fece arrestare con l'accusava di collusione con il brigantaggio. In quel tempo imperava una legge militare repressiva: la cosiddetta "legge Pica" che, come già detto, dava molto potere alle Autorità locali. Ma l'innocenza del notaio Decina venne ben presto provata pienamente. Il suo carattere mite e pacifico e le sue notevoli capacità amministrative gli consentirono di ricoprire la carica di Sindaco di San Pietro Infine per 18 anni consecutivi, a partire dal mese di aprile del 1871 fino alla sua morte. Durante il suo mandato di Sindaco il paese conobbe un periodo di floridezza non comune. Con pazienza, disinteresse, amore e costanza Decina si impegnò in prima persona nella risoluzione di problemi del paese. Si prodigò per rendere comode e decenti le ripide e disagevoli vie del paese. Fu incaricato all'epoca il mastro muratore Benedetto Zambardi (chiamato affettuosamente dai suoi compaesani con il diminutivo Mastu Pitt'). Questi, utilizzando la manodopera locale, trasformò così le ripide vie in comode gradinante, pavimentate con acciottolato in pietra locale. Il Sindaco Decina si interessò affinché‚ le vie principali del paese fossero illuminate adeguatamente. Sostituì così la vecchia e carente illuminazione con le più moderne (per l'epoca) lanterne a petrolio. Nel 1886, coadiuvato da alcuni sacerdoti del paese, si occupò della Fonte Maria S.S. dell'Acqua: vennero costruiti quei corpi di fabbrica che tuttora sono visibili. Le acque sorgive vennero convogliate in una grossa camera di raccolta, retrostante il portico, e da questa, attraverso quattro bocche di ottone, venne fornita l'acqua potabile all'intera cittadinanza. Fu così risolto un gravoso problema di igiene pubblica. Decina cercò di risolvere, con impegno e perseveranza, l'annosa questione della determinazione del confine territoriale tra i Comuni di San Pietro Infine e di Mignano. Questione rimasta comunque insoluta fino all'epoca fascista. Durante la sua carica di Sindaco amministrò per il paese, un capitale di 14.000 Ducati, gravando unicamente sul Debito Pubblico dello Stato. Nel pomeriggio del 18 gennaio del 1888, dopo pochi mesi di malattia, che lo aveva colpito allo stomaco, Antonio Decina moriva all'età di 70 anni, circondato dall'affetto della moglie e delle figlie. Ogni cura era risultata purtroppo inutile. La salma venne esposta nella propria abitazione sita al numero cinque di Vico Primo Sant'Angelo, nel vecchio Centro di San Pietro Infine. Ogni rimedio era risultato purtroppo vano. Furono fatte sontuose esequie pubbliche. Antonio Decina fu da tutti rimpianto come padre affettuoso. Parteciparono al funerale tutta la popolazione di San Pietro Infine e molte persone dei paesi vicini, tutti i sacerdoti della Congrega laicale di S. Antonio, tutti i componenti del Municipio ed ogni Autorità civile militare e religiosa del circondario. La Società Operaia del Mutuo Soccorso partecipò in massa, con la propria bandiera velata a bruno. Tutti gli alunni delle scuole maschile e femminile del paese ed inoltre la scuola maschile di grado superiore di San Vittore del Lazio, diretta dal nipote omonimo. Vennero letti due elogi funebri: uno, molto sentimentale, dalla maestra Miele, l'altro da un rappresentante della Società Operaia. Gli successe, alla carica di Sindaco di San Pietro Infine, l'assessore Giuseppe Brunetti. Vincenzo De Biasio così scrisse di Antonio Decina: << ..., dotto per quanto modesto nelle leggi Civili ed Amministrative, di onestà inappuntabile e senza pari, di specchiata moralità e condotta esemplarissima, affabile ed uguale con tutti, ingenuo ed aperto non meno che sconfinatamente fiducioso con piccoli e grandi, ricchi e plebei, con noti ed ignoti, vicini e lontani, vero modello di perfetto gentiluomo, Cristiano per principi e non fariseo, di carattere fermo e di un sol colore (...) amico vero del popolo e non ambizioso piaggiatore o ciurmatore, compiacente e disinteressato consigliere di tutti, Patriarca di Bontà e caritatevole, conciliatore palese e segreto di ogni cittadina e privata vertenza; tipo di prudenza, sereno sempre e senza odio e rancori sì nelle domestiche pareti che nella pubblica vita>>. Come una cometa che, dopo essere apparsa nel cielo e dopo aver rischiarato e illuminato con la sua scia anche le notti più buie, scompare nel nulla, così Antonio Decina É apparso, ha illuminato un'epoca con le sue qualità sia professionali che umane ed e poi scomparso silenziosamente. Ma il suo operato É rimasto indelebile, così come lo sono i suoi numerosi atti notarili e i vari documenti amministrativi e contabili. La sua scrittura É immediatamente riconoscibile: chiara, semplice e facilmente leggibile, proprio come il suo carattere. Merita certamente anche egli di essere annoverato nel Libro d'Oro dei personaggi più illustri della nostra terra.

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